Le SS.UU., con sentenza n°11928/2019, sono recentemente intervenute a risolvere un contrasto giurisprudenziale sorto in materia di infortuni e malattie professionali, concernente il modus operandi del termine prescrizionale, ex artt. 111 e 112 del D.P.R. 1124/1965, entro il quale l’interessato può far valere le prestazioni assicurative, dovute per legge, per il danno patito.
La questione rimessa al Supremo Consesso nasce da una controversia insorta tra il Sig. e l’Inal.
In particolare, il lavoratore conveniva in giudizio l’Inal, rappresentando al giudice di essere affetto da una “sindrome al tunnel carpale di natura professionale” (denunciata all’ente in data 14/08/2003) e chiedendone la condanna alla corresponsione della prestazione assicurativa dovuta per legge.
Si costituiva, a tal proposito, l’Inail eccependo, preliminarmente, l’intervenuta prescrizione triennale dell’azione avanzata dal ricorrente ai sensi dell’art. 112 del d.p.r. 1124/1965 e contestando, nel merito, la fondatezza della pretesa.
Il Tribunale di Sulmona, in qualità di giudice di prime cure, non pronunciandosi sull’eccezione di prescrizione, accertata il danno patito e il rispettivo nesso causale con l’attività professionale svolta, accoglieva la domanda e condannava l’Istituto al pagamento dell’indennizzo per danno biologico.
Impugnava tale statuizione l’Inail presso la Corte di Appello di l’Aquila.
Quest’ultima, rigettando l’eccezione di prescrizione, sulla quale non aveva preso posizione il Tribunale di Sulmona, confermava la sentenza di I grado.
Secondo la Corte di Appello, infatti, considerata la sequenza cronologica delle richieste e dei provvedimenti adottati nel procedimento amministrativo volto alla liquidazione del danno patito (denuncia della malattia professionale formulata in data 14/08/2003, rigetto dell’Inail del 17/12/2005, opposizione del 14/04/2007, rigetto definitivo dell’Inail del 16/05/2007), era da escludere la maturazione del termine di prescrizione, poiché il suo decorso risultava sospeso per tutto lo svolgimento degli approfonditi accertamenti amministrativi.
Nel caso di specie, la sospensione del decorso del termine di prescrizione, prevista dall’art. 111 del D.P.R. 1124/1965, era proseguita ben oltre il termine di 150 giorni previsto per la liquidazione in via amministrativa della prestazione assicurativa e si era protratta fino al completo esaurimento della fase precontenziosa, considerato che il termine indicato era ed è fissato nell’interesse dell’assicurato per tenerlo indenne dall’inerzia dell’istituto e consentirgli di agire in giudizio.
Avverso tale pronuncia l’Inail proponeva ricorso in Cassazione, eccependo l’intervenuta prescrizione del diritto fatto valere dal lavoratore.
La Sezione Lavoro della Suprema Corte, considerato il contrasto giurisprudenziale sussistente intorno alla durata della sospensione (ex art. 111 d.p.r. 1124/65) del termine di prescrizione (ex art. 112 d.p.r. 1124/65) per il conseguimento della prestazione assicurativa, ritenuta l’importanza della questione, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite formulando il quesito: “se…accanto all’effetto sospensivo per 150 giorni complessivi (come affermato dal più recente orientamento di legittimità), la domanda di prestazione all’Inail acquisti anche un effetto conservativo che perdura fino all’esito del procedimento amministrativo (riconosciuto dalla sentenza delle SS.UU. 783/1999)”.
Su tali premesse la questione è stata assegnata alle SS.UU., le quali, con sentenza pronunciata il 20/11/2018 e depositata il 7/05/2019, hanno statuito un significativo principio di diritto volto ad implementare le garanzie del lavoratore in tale settore.
Procedendo con ordine, con ricorso in Cassazione l’Inail denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 112 del D.P.R. 1124/1965, in relazione all’art. 360, comma 1, n°3 del c.p.c., poiché, a fronte di una domanda amministrativa del 14/08/2003, il ricorso giurisdizionale veniva depositato solo il 29/04/2010, quando il termine complessivo dei tre anni (art. 112) e centocinquanta giorni per l’esercizio dell’azione diretta al conseguimento della prestazione previdenziale (art. 111) era ormai incontestabilmente decorso, non avendo valenza interruttiva della prescrizione la circostanza che tra le dette date fossero intervenuti atti del procedimento amministrativo.
A parere del ricorrente, l’art. 112 del T.U. citato stabilisce che l’azione per il conseguimento della prestazione da parte dell’Inail si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio o dalla manifestazione della malattia.
L’art. 111 dello stesso testo dispone, al 1° comma, che la prescrizione resti sospesa durante la liquidazione in via amministrativa dell’indennità e, al 3° comma, che la liquidazione deve essere esaurita nel termine di 150 giorni (per il procedimento ai sensi dell’art. 104 del t.u.) e di 210 giorni (per il procedimento indicato dall’art. 83 dello stesso t.u).
Stante il tenore letterale delle norme, l’Inail ritiene che, decorso infruttuoso tale termine, l’interessato avesse l’onere di proporre l’azione giudiziaria, pena la prescrizione del proprio diritto.
Le SS.UU., prima di statuire il proprio principio di diritto, evidenziano che sul tema insistono due opposti orientamenti giurisprudenziali.
Secondo una prima ricostruzione, il termine di prescrizione dei tre anni (art. 112) resterebbe sospeso per i soli 150 giorni o 210 giorni (art. 111) dalla presentazione della domanda rivolta alla P.A.
Decorsi infruttuosamente tali termini si configurerebbe sul punto un silenzio significativo, in particolare silenzio rigetto, il quale comporterebbe, decretando l’esaurimento del procedimento amministrativo, la cessazione della causa di sospensione della prescrizione.
Tale ricostruzione sarebbe coerente con l’esigenza di procedere celermente, in prossimità dei fatti, agli accertamenti necessari per il riconoscimento della tutela assicurativa. Il prolungamento del termine di sospensione, fino a ricomprendervi tutto l’iter amministrativo ben oltre il termine fissato, è recessivo rispetto all’interesse pubblico di sollecita definizione del procedimento per la certezza dei rapporti giuridici.
Altra ricostruzione, ex adverso, sostiene che il termine prescrizionale, sospeso dalla domanda amministrativa, ricominci a decorrere solo con la definizione del procedimento amministrativo di liquidazione, poiché l’art. 111, comma 3, del d.p.r. 1124/1965, nel disporre che il procedimento di liquidazione deve essere esaurita nel termine di 150 giorni e/o 210, non fa alcuna distinzione tra le varie fasi dello stesso e, facendo applicazione del principio di permanenza dell’efficacia sospensiva sino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione, va escluso il suo decorso prima dell’esaurimento in toto.
Il decorso del termine attribuisce la facoltà di agire in giudizio e non l’onere.
Diversamente si entrerebbe in contraddizione, poiché, da un lato, si svilirebbe il senso della (fisiologica, ndr) fase amministrativa, destinata per sua natura a prevenire l’insorgenza del procedimento giudiziario, e, dall’altro, si forzerebbero i termini di conclusione della liquidazione al solo fine di tutelarsi contro la prescrizione.
Le SS.UU., fatte le dovute premesse, aderiscono al secondo degli orientamenti suindicati, suffragandolo con ulteriori argomentazioni.
Esse ritengono che la sospensione prevista dall’art. 111, comma 2, del d.p.r. 1124/1965 si protrae per tutta la durata del procedimento e fino alla sua definizione in senso positivo o negativo. Il decorso dei termini indicati dal terzo comma dell’art. 111 è utile al sol fine di rimuovere una condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria che, da tale momento, l’interessato ha facoltà di proporre.
Tale assunto si fonda su 3 argomenti:
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Argomento di tipo letterale – L’art. 111, 1° comma, d.p.r. cit. dispone che “il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo che siano esaurite tutte le pratiche prescritte dal presente titolo per la liquidazione amministrativa delle indennità”. Le fasi delle opposizioni richiamate dal terzo comma, di cui agl’artt. 104 e 83, appartengono comunque alla fase della liquidazione amministrativa della prestazione. Rientrano, quindi, tra quelle pratiche prima del cui esaurimento il procedimento contenzioso non può iniziare;
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Il decorso del termine attribuisce all’interessato la facoltà, non l’onere, di incardinare il giudizio. Si tratta di una soluzione immaginata dal legislatore a garanzia del sapiente punto di equilibrio tra gli opposti interessi; da un lato l’interesse pubblico a privilegiare la definizione amministrativa dei procedimenti, dall’altro quello del privato a conseguire nel più breve termine la soddisfazione dei propri interessi.
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Argomento teleologico – Che si tratti di una facoltà è dimostrato anche dal configurarsi, in proposito, di un silenzio inadempimento e non, come erroneamente sostenuto, silenzio rigetto.