Di recente la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n.21649 del 2021, si è occupata di una vexata quaestio afferente alle immissioni sonore intollerabili nei rapporti di vicinato.
Un tema all’ordine del giorno che, pertanto, merita di essere segnalato all’attenzione del lettore.
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta dai Sig.ri F.P. e Z.R. innanzi al Tribunale di La Spezia, mediante la quale veniva richiesto di accertare che i proprietari dell’appartamento confinante avessero realizzato un vano bagno adiacente alla parete della propria camera da letto, con lo scarico del wc installato sulla parete ove insisteva la testiera del letto matrimoniale, produttivo di immissioni sonore intolleranti.
Orbene, il giudice di primo grado rigettava la domanda.
La vicenda giudiziaria, tuttavia, assumeva un indirizzo completamente opposto in sede di appello e, successivamente, in sede di legittimità.
In particolare, a valle di una CTU (consulenza tecnica di ufficio) disposta dai giudici di seconde cure, si accertava che il bagno fosse costruito su di una parete adiacente la stanza da letto degli attori ove era posta la testiera del letto matrimoniale.
Veniva, pertanto, accertato il superamento della normale tollerabilità, oltre che lo spregiudicato uso del bene in questione, posto che la cassetta di scarico era stata installata nel muro divisorio avente lo spessore massimo di 22 cm, mentre avrebbe potuto trovare collocazioni alterne.
Pertanto, configuratasi una lesione del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita familiare, i convenuti venivano condannati alla realizzazione di opere idonee alla riduzione delle immissioni, oltre che al risarcimento del danno.
Un diktat confermato in sede di legittimità dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione, della quale ci interessa analizzare le argomentazioni, così da poterne trarre un generale principio di diritto applicabile a simili vicende
Ebbene, gli Ermellini principiano dal quadro normativo.
L’art. 844 del c.c., così come tutte le altre norme speciali atte a disciplinare i livelli di accettabilità delle immissioni sonore, persegue la finalità di assicurare ai consociati il rispetto dei livelli minimi di quiete.
La soglia di tollerabilità delle immissioni, stando al dato normativo, non ha, tuttavia, un carattere assoluto.
Ragione per la quale è rimesso al giudice accertare, secondo il suo prudente apprezzamento, il superamento o meno della stessa.
Egli, nell’eseguire tale accertamento, dovrà, da un lato, tener conto della sensibilità dell’uomo medio e della (eventuale) preesistenza di rumori di fondo, ma, dall’altro, al fine di rifuggire decisioni astratte, dovrà tener conto della concretezza del caso esaminato e, cioè, a titolo esemplificativo e non esaustivo, della situazione locale in cui si verificano le immissioni, oltre che stato di salute e del lavoro svolto dai soggetti che patiscono le stesse.
Principi di diritto in virtù dei qual
i gli Ermellini hanno confermato la decisione della Corte di Appello, poiché nel caso ad oggetto non poteva non ritenersi leso il diritto assoluto al rispetto della vita privata e familiare, così garantito dall’art. 7 della Carta di Nizza e dall’art. 8 della CEDU.
A completamento, è stato affermato che una condotta consistente in immissioni sonore intollerabili, sempre che venga così accertata, a fronte dello stravolgimento delle proprie abitudini di vita nel proprio ambiente domestico, è in grado di configurare un danno effettivo (conseguenza) non patrimoniale, se non biologico, quanto meno morale, a fronte del quale l’interessato ha il diritto di rivendicarne il giusto risarcimento.
Argomentazioni interessanti e condivisibili, tenuto conto che l’interesse primario perseguito dalla Cassazione con la propria attività esegetica è la pacifica convivenza sociale.
Al consociato, pertanto, non resta che assumere comportamenti di vicinato corretti, così da evitare spiacevoli grane giudiziarie.