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Concessione e revoca della licenza di porto d’armi

Il T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, cona la recente sentenza n. 72 del 14.02.2024, ha statuito un interessante principio di diritto relativo alla materia della concessione di licenza, rigetto e/o revoca del porto d’armi.

Trattasi, ad onor del vero, del consolidamento della prevalente esegesi giurisprudenziale.

E tuttavia, risultando le istanze di concessione di licenza del porto d’armi un tema assai caro in alcuni ambienti della nostra società, la pronuncia merita attenzione poiché portatrice sana di criteri destinati ad una diffusa applicazione tanto in sede procedimentale quanto giurisdizionale.

Procedendo con ordine, i Giudici amministrativi hanno principiato richiamando la pronuncia della Corte Costituzionale n. 109/2019, con la quale è stato sottolineato che “il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi e che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il “buon uso” delle armi stesse e, in particolare, osservato che “dalla eccezionale permissività del porto d’armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell’autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa autorità è tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimenti permissivi di tipo diverso, talora volti a rimuovere ostacoli a situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i richiedenti”;

Il TAR, assestandosi sul consolidato orientamento della giustizia amministrativa in materia, si è pressoché espresso nel senso che “i provvedimenti in materia di armi rappresentano una deroga al generale divieto di cui all’art. 699 c.p. e di cui all’art. 4, comma 1, l. 18 aprile 1970, n. 110. In tale ambito l’amministrazione è dotata di ampissima discrezionalità nella formulazione del giudizio di non affidabilità del soggetto richiedente o già titolare della licenza di porto d’armi e può legittimamente valorizzare, ai fini del diniego o della revoca, anche il verificarsi di situazioni non penalmente rilevanti, ma ciononostante indicative di una condotta non specchiata (Cons. St., sez. III, 21 aprile 2020, n. 2542). Ai fini del rigetto o della revoca dell’autorizzazione (e a fortiori del diniego di rinnovo), non sarebbe quindi neppure necessario l’accertamento di specifici fatti di abuso delle armi da parte del soggetto, essendo sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come questi non sia del tutto affidabile al loro uso (Cons. St., sez. III, 12 marzo 2020, n. 1815). A tal fine, possono assumere rilievo anche fatti isolati, quando ritenuti particolarmente significativi (Cons. St., sez. III, 31 ottobre 2014, n. 5398) o comunque espressivi di una particolare insensibilità al comando normativo (Cons, Stato, sez. III, 13 febbraio 2020, n. 1140). Per i motivi anzidetti, non è neppure richiesto un particolare onere motivazionale, bastando piuttosto che nei provvedimenti siano presenti elementi idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate dall’Autorità non siano irrazionali o arbitrarie (Cons. St., Sez. I, 11 aprile 2018, n. 943)” (TAR FVG, I, 1° luglio 2021, n. 201)”.

Analizzando l’esegesi suindicata, in conclusione può sostenersi che la ratio posto a fondamento della normativa che disciplina le autorizzazioni di polizia, per come risulta dal combinato disposto degli art. 11 e 43, T.U.L.P.S., risiede nell’opportunità di evitare che le autorizzazioni al porto di armi vengano rilasciate indiscriminatamente a soggetti che, per i loro comportamenti pregressi, denotino scarsa affidabilità sul corretto loro uso, potendo in astratto ciò costituire un pericolo per il valore costituzionalmente garantito dell’incolumità e per l’ordine pubblico.

Di qui la possibilità di effettuare le valutazioni di affidabilità o meno sulla scorta di meri indizi.

E tuttavia, al fine di rifuggire valutazioni apodittiche e arbitrarie, ricercando e conseguendo un sapiente punto di equilibrio tra gli interessi sottesi contrapposti, risulta necessario che i precedenti comportamenti del richiedente siano sintomatici, idonei quindi ad evidenziare una personalità incline a risolvere situazioni di conflittualità anche con ricorso alla violenza e non diano garanzia di un corretto uso delle armi senza creare turbativa all’ordine sociale. Il tutto rapportato nell’orbita dell’attualità.

avv.domenicoronca

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